ALOPECIA AREATA

L’alopecia areata è la patologia più frequente del sistema pilifero, interessa circa l’1% della popolazione,ma probabilmente nelle sue forme più lievi è molto più frequente.

Le cause della malattia sono riconducibili a fattori genetici: la letteratura scientifica internazionale è ormai concorde nell’affermare l’eziologia autoimmune dell’alopecia areata, sia nella sua variante localizzata che in quella universale.

Si caratterizza per comparsa di chiazze prive di peli, asintomatiche e soprattutto non cicatriziali, di forma per lo più rotondeggiante, di numero e di dimensioni variabili e che si possono estendere a tutto il cuoio capelluto e alle altre zone pilifere.

Qualche volta la cute si presenta lievemente eritematosa ed edematosa, a sottolineare la presenza di infiltrato infiammatorio nella cute sottostante e circostante.

Nel 10% dei casi sono presenti lesioni ungueali, spesso riconducibili ad altre patologie autoimmuni concomitanti. della matrice ungueale.

Molto spesso la remissione è spontanea, ma si stima che il 10%-30% dei pazienti evolvano nelle forme più estese cronico/recidivanti e meno dell’ 1% in quella Universale.

Non mostra particolare predilezione di sesso e colpisce soprattutto soggetti di razza (popolazioni) caucasica ed orientale.

L’alopecia areata può esordire a qualsiasi età, ma possono essere evidenziati due picchi di frequenza: prima della pubertà e tra i 20 ed i 40 anni.

Nonostante la sua benignità clinica la patologia può avere un impatto devastante sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro congiunti, soprattutto nei casi pediatrici e nelle donne.

La lesione iniziale è nei casi più caratteristici una chiazza circoscritta totalmente glabra e liscia. La superficie della chiazza è bianca o più raramente rosea, soprattutto nelle fasi iniziali, liscia e senza squame.

Ai suoi margini possono essere presenti capelli a punto esclamativo e peli cadaverizzati. I primi sono peli corti (2 – 4 millimetri dall’ostio follicolare), con diametro e colore che si riducono in senso prossimale. I secondi sono piccoli punti neri a livello della cute alopecica, dovuti all’accumulo di cheratina, sebo e melanina a livello degli infundibuli dilatati dei follicoli piliferi.

Entrambi venivano considerati un segno di attività della malattia, ma i primi sono capelli con bulbo in Telogen e quindi il processo che li ha causati può risalire a diverse settimane prima, senza contare che in alcuni casi si può assistere al fenomeno della “rivitalizzazione” del pelo a punto esclamativo.

Questo riscontro, che va considerato quindi un segno prognostico positivo, è importante anche perché ci conferma che l’induzione del Catagen anche nell’Alopecia Areata, come si è visto in chemio- o radioterapia- è un fenomeno reversibile.

La chiazza iniziale può guarire in pochi mesi, o possono apparire nuove chiazze dopo un intervallo di 3-6 settimane, anche mentre la prima va in remissione.

Nella maggior parte dei pazienti, la diagnosi viene effettuata in base al quadro clinico. Ci sono però rari casi dubbi in cui sono necessari esami diagnostici.

Un semplice Pull Test nelle aree perilesionali può già permettere di verificare l’attività e la tendenza all’estensione della patologia, in associazione all’esame tricoscopico in epiluminescenza (Tricoscopia).

Un passaggio fondamentale nell’iter diagnostico di un paziente affetto da alopecia areata consiste nell’esecuzione di accertamenti (principalmente esami ematochimici) che potrebbero rilevare una eventuale concomitante patologia autoimmune. Le più frequenti associazioni si segnalano con tiroidite autoimmune, vitiligie e diabete mellito.

La prognosi dell’alopecia areata è imprevedibile. La maggior parte dei pazienti presenta una o poche aree alopeciche autorisolventi entro un anno.

Il tasso di recidive sarebbe del 50% a 5 anni, dell’ 80% a 10 anni e del 100% a 20 anni, spesso le recidive sono più gravi dell’episodio iniziale.

La terapia farmacologica andrebbe intrapresa priama possibile, in modo da bloccare nelle fasi iniziali il processo infiammatorio. Le opzioni terapeutiche variano in base al caso da quelle locali (cortisonici o immunomodulatori topici) alla fototerapia, alle terapie sistemiche a base di farmaci immunosoppressori.

Un ulteriore possibilità è data dalle sperimentazioni in atto che valuteranno l’efficacia di farmaci “biologici” basati su anticorpi monoclonali umanizzati.

Numerosi articoli scientifici pubblicati recentemente denotano la continua ricerca nell’ambito della terapia.

Uno spunto promettente è racchiuso nell’articolo pubblicato in Agosto 2014 su Nature dal titolo : “Alopecia areata is driven by cytotoxic T lymphocytes and is reversed by JAK inhibition

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